Africa: urgente il giornalismo investigativo, sull'onda di ProPublica

DI REZWAN, TRADOTTO DA GAIA RESTA

Due mesi fa l’ivoriano Theophile Kouamouo, blogger tra i più importanti dell’Africa francofona e organizzatore del progetto sostenuto da Rising Voices Abidjan Blog Camps, è stato arrestato per aver protetto la fonte di un articolo a carattere investigativo su un tema d’interesse pubblico. Dopo il suo rilascio ha ringraziato i blogger di tutto il mondo che lo avevano sostenuto. Janice Winter interviene riguardo le minacce che subisce il giornalismo d’inchiesta e della tutela delle fonti in Africa, sul blog dell’Axess Programme on Journalism and Democracy:

Ho trascorso le ultime settimane in Sud Africa intervistando giornalisti e redattori sulla libertà conquistata nei media e i preoccupanti segnali di regressione che arrivano dalle leggi statali. Ad esempio, la proposta di legge sulle trasmissioni del servizio pubblico che, se approvata, trasformerebbe a tutti gli effetti l’emittente pubblica in un’emittente di Stato, posta sotto la diretta responsabilità del Ministro delle Comunicazioni.

Théophile analizza sul suo blog i motivi per i quali in Africa c’è urgente bisogno di un vero e proprio giornalismo investigativo:

Alcuni critici ritengono che il giornalismo debba fare ‘informazione oggettiva’, e fermarsi lì. Tra questi vi è l’ex primo ministro francese Michel Rocard, che in un’intervista al settimanale Marianne (esplicitamente ostile a Nicolas Sarkozy) rimproverò alle testate di agire “non come giornalisti puri, ma come attori di determinatepolitiche”. Una critica mossa spesso anche alla stampa della Costa d’Avorio. […]

A cosa serve il giornalismo? Probabilmente ad aprire delle porte per far comunicare mondi tra loro separati, per arricchire il patrimonio di conoscenze della gente sul mondo contemporaneo, per quel che è e non è. Siamo forse in grado di raggiungere quest’obiettivo? Comunque sia, è chiaro che dalle nostre parti, e in particolare sulla carta stampata, solo un certo tipo di notizie ricevono ampia attenzione. Sono quelle relative alla politica e al suo mondo, alle celebrità e allo sport, tutti argomenti che attirano un vasto pubblico di lettori all’interno del nostro piccolo ceto medio, quello che può permettersi di comprare i giornali. Ma in questo modo trascuriamo episodi molto gravi che, se invece venissero trattati, spingerebbero i nostri connazionali ad agire per promuovere cambiamenti sociali. La nostra incapacità (le testate private) è amplificata dal fatto che da noi i media pubblici sono la cassa di risonanza del potere, oppure offrono momenti di intrattenimento del tutto assoggettati alla pubblicità.

Théophile continua così:

Abbiamo urgentemente bisogno di un giornalismo d’inchiesta, che faccia gli interessi pubblici. In un contesto in cui la separazione dei poteri a volte sembra frutto dell’immaginazione, mentre rimane assai forte l’eredità lasciata da un partito unico per quanto riguarda la fedeltà e la connivenza, il nostro dovere è, oggi più che mai, quello di tenere traccia dei malfunzionamenti della società, di aiutare quei cittadini senza voce, vittime di ingiustizie sommerse, e di indagare pazientemente su argomenti di interesse collettivo.[…]

Esiste qui o altrove un mecenate che possa finanziare un tipo di giornalismo il cui scopo principale sia quello di svegliare e cambiare la società, rivelandone le zone d’ombra?

Sulla British Journalism Review, Martin Moore spiega cosa s’intende con giornalismo investigativo:

Il giornalismo d’interesse pubblico ha due elementi. Il primo è come un cane da guardia (“watchdog”), al quale i potenti devono rispondere e che espone pubblicamente frode, inganno, corruzione, cattiva amministrazione e incompetenza.Il secondo elemento è assai meno discusso, ma per molti versi è il più importante, soprattutto nel nostro mondo sovraccarico di informazioni. È il dovere di informare, spiegare e analizzare. I giornalisti che si occupano di temi d’interesse pubblico trovano, digeriscono e distillano le informazioni che aiutano la gente a crearsi un proprio punto di vista e a prendere decisioni. Come faccio a sapere, per esempio, se devo far somministrare al mio bambino un vaccino multiplo? Quanto dovrei preoccuparmi per il virus H5N1, e cosa dovrei fare al riguardo? L’Iran è in procinto di sviluppare un arsenale nucleare e, se sì, cosa dobbiamo fare? Il cellulare mi causerà forse un tumore al cervello? Il nostro mondo è sempre più correlato e complesso, e abbiamo bisogno di notizie atte a spiegare onestamente le cose, piuttosto che a spaventare, tiranneggiare o intimidire.

Più oltre Martin Moore chiede:

Così, se il governo intralcia il corso del giornalismo investigativo, il mondo imprenditoriale è ben lieto di promuovere l’interesse privato e non quello pubblico, e la gente resta beatamente ignorante, allora come fanno i giornalisti a tutelare l’interesse comune?

E il professor Jay Rosen della New York University sostiene:

Se i mercati considerano il pubblico come l’unico terreno di scontro rilevante nella società contemporanea, allora siamo fritti. Qualunque cosa si faccia, non conta nulla. Solo l’audience ha importanza.

prorepublica [640x480]


Prima di poter essere tutelato, il giornalismo d’inchiesta va promosso e coltivato. Una via d’uscita potrebbe essere rappresentata da esperimenti come quello
di ProPublica, progetti non-profit basato a New York che quest’anno ha vinto il premio Pulitzer per i reportage di pubblico interesse. Ci auguriamo di vedere in Africa altri esperimenti simili, visto che Théophile li indica come assolutamente necessari.

————–
Testo originale: Abidjan Blog Camps: The Urgency Of Public Interest Journalism In Africa, ripreso da Rising Voices e apparso sul blog Voci Globali su Lastampa.it.

Lascia un commento